Dante Alighieri, la vita è un romanzo
Dante Alighieri, è l’ospite più illustre di Ravenna, e della Romagna. A Ravenna, nella capitale del Medioevo, egli ha vissuto gli ultimi tre anni di vita. La notorietà di Dante, se non fosse dovuta alla scrittura della Divina Commedia, potrebbe provenire dalla vita movimentata che egli ha vissuto.
Dante, nacque in Firenze nel 1265 e abitò in questa città, fino a trentasei anni e poi, egli fu costretto all’esilio per motivi politici e non tornò più nella città dove nacque. In vita, a causa della politica, egli fu ripudiato per sempre da Firenze; egli fu accusato di baratteria, estorsione ed arricchimenti illegali. Contro Dante, furono accuse infamanti, ma all’epoca, la giustizia si utilizzava anche per eliminare gli avversari politici.
Egli fu accusato ingiustamente e non pagò una multa di cinquemila fiorini entro tre giorni e di conseguenza, lo espropriarono del suo patrimonio e di quello dei bambini poi, fu punito anche con la pena di morte per non avere pagato la multa.
La casa di Dante non fu distrutta, perché era in comune col suo fratello Francesco. Essa, si può visitare ancora oggi in Firenze. Questo succedeva perché nei Comuni italiani, dall’inizio del 1200 c’erano due partiti politici sempre in guerra fra loro: i Guelfi e i Ghibellini. Gli scontri fra i due schieramenti, portavano alla distruzione del lavoro e delle case dei nemici e riducevano le città a mucchi di pietre. Costringevano i nemici ad andare in esilio e a pagare una multa. Chi non pagava li condannavano alla pena di morte. Il cambiamento radicale della sua vita, ha ispirato Dante a scrivere una delle opere più importanti della letteratura italiana e del mondo: La Divina Commedia. L’opera, è una delle più tradotte e più conosciute. La Commedia, è stato anche il libro più venduto dopo la Bibbia.
Con l’esilio, Dante, iniziò a viaggiare per l’Italia, senza fissa dimora e fu costretto a soggiornare in diverse città, fra le varie corti e amici della penisola, ed egli non ritornò più a Firenze.
Le opere letterarie di Dante, escluso la Vita Nova, e delle Rime che iniziò a scrivere in età giovanile, quando conobbe Beatrice, furono scritte in esilio. La Vita Nova, finita nel 1295, diventerà una delle opere più importanti nel periodo della scuola letteraria stilnovista. Il movimento denominato Dolce stil novo fu fondato da Guido Guinizzelli a Bologna nella seconda metà del XIII secolo e seguito da Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani e Cino da Pistoia in Firenze e lo stesso Dante che riconobbe Guinizzelli come padre della letteratura e maestro suo e degli amici che avevano studiato a Bologna con Dante.
Dante, visse gli ultimi tre anni a Ravenna, ospitato da Guido Novello da Polenta, nipote di Guido il vecchio, padre di Francesca. A Ravenna, riunì la famiglia e trovò una casa e un lavoro per i suoi figli, ma continuava ad essere perseguitato dalla sfortuna: contrasse la malaria in viaggio verso Venezia, durante un’ambasciata per la famiglia Da Polenta e qui morì nel 1321.
Paolo e Francesca, furono i protagonisti della tragedia avvenuta nel castello di Gradara nel 1282.
E’ storicamente provato che Francesca da Polenta, fu ingannata, la famiglia, le fa conoscere Paolo, della signoria Malatesta di Rimini, ma poi dovrà sposare Giovanni detto Gianciotto, che era più vecchio e più brutto di Paolo. Francesca continuava ad amare Paolo. Gianciotto, li ha scoperti e li ha uccisi. Dante aveva conosciuto Guido da Polenta, il Vecchio, padre di Francesca in Firenze, quando era podestà forestiero tra luglio e novembre 1290, e lui aveva imparato questa storia da Guido da Polenta. Paolo invece era stato capitano del comune di Firenze nel 1282.
Le famiglie, tentano di tenere segreta la tragedia, che è accaduta nel Castello di Gradara, fra Rimini e Pesaro, sul confine tra Romagna e Marche, ma Dante è riuscito ad essere informato e a pubblicare la storia, ed egli, li ha fatti vivere nel Quinto canto dell’Inferno, il più commovente e convincente che egli aveva scritto nel 1306. Paolo e Francesca, sono i due romagnoli più famosi della Divina Commedia.
«Poeta, volentieri parlerei a quei due che ‘nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggieri», egli disse rivolto a Virgilio che ha accompagnato Dante nel viaggio immaginario all’Inferno. Inferno, V – 73-75.
A differenza delle altre anime dannate dell’Inferno, quelle di Paolo e Francesca, scontano la pena in coppia.
Tutti gli anni, il Castello di Gradara, è visitato da milioni di turisti ed è uno fra i più visitati delle Marche.
Nella Divina Commedia, oltre alle esperienze biografiche dirette, riportava fatti storici o di cronaca che essi non sarebbero mai passati alla storia, se essi non fossero stati riportati nel poema di Dante.
La simpatia e l’onestà di Dante verso Paolo e Francesca, fu ricambiata dall’ospitalità della famiglia da Polenta durante l’esilio di Dante, negli ultimi tre anni della sua vita. Paolo e Francesca, diventeranno il simbolo della Regione Romagna. A Ravenna, Dante terminò la Divina Commedia: egli scrisse il Paradiso.
La lingua latina era quella utilizzata dalle università. Nei viaggi in esilio, Dante scopre che ogni Città e Comune, in quella epoca avevano una lingua e una moneta diversa. Dante si preoccupa di avere una lingua unica, che non è Latino, per tutti i popoli della penisola italiana. In latino, Dante scrisse: De Monarchia. Nell’esilio, egli aveva cercato di capire anche le ragioni della parte politica opposta alla sua, quella dell’Imperatore.
Negli anni quando Dante visse a Firenze, gli artisti più importanti che lavoravano in città, a quella epoca, sono l’architetto Arnolfo di Cambio e il pittore Giotto.
In sintesi, fatti storici dell’epoca di Dante. Gli ultimi secoli del Medioevo, in Italia, sono stati caratterizzati dallo scontro fra due potenze: il Papato, e l’Impero. Dal 1216, a Firenze comincia la divisione delle famiglie in due fazioni, i Guelfi e i Ghibellini. Il predominio di un gruppo o dell’altro, fu caratterizzato da guerre interne. La parte soccombente, era privata del suo patrimonio, obbligata all’esilio o alla pena di morte. I Guelfi, erano favorevoli al Papa, mentre i Ghibellini all’Imperatore. Nei Guelfi, furono formati altri due gruppi, quelli Bianchi e i Neri.
Nel XII secolo, il ceto nobiliare e cavalleresco era prevalente nei comuni italiani e nel XIII, molti nobili iniziarono a svolgere attività commerciali, artigiane e professionali, e a questi, si unirono anche il popolo.
La classe borghese emergente, diventerà classe di governo.
Dal XII secolo, nei comuni italiani, c’è stato un elevato aumento della popolazione. I comuni sono orientati all’espansione territoriale, cercando di sottomettere i comuni più deboli.
Da queste continue lotte, emergono alcune personalità del ceto nobiliare che cercano di impadronirsi delle città. Ai primi del Trecento, c’è il passaggio dal Comune alla Signoria.
La signoria Da Polenta s’installò a Ravenna dal 1275, fino al 1441, e poi la città passò alla Repubblica di Venezia fino al 1509. Con il Papa Giulio II, passò allo Stato Pontificio. Dante, fu ospitato negli ultimi tre anni di vita dalla signoria Da Polenta di Ravenna. All’epoca di Dante, Ravenna era una delle più belle città d’Italia. Esistevano già tutti i principali monumenti e le basiliche che furono costruiti dal barbaro Teodorico e dai bizantini: San Vitale, Sant’Apollinare Nuovo e Sant’Apollinare in Classe, il Palazzo e la Tomba di Teodorico, il Mausoleo di Galla Placidia…
Firenze invece non aveva ancora i monumenti più noti. Il Battistero e il Palazzo del capitano del Popolo (il Bargello), i monumenti più importanti che esistevano già all’epoca di Dante, non avevano ancora la loro forma compiuta. Nel Battistero, non c’erano le porte di bronzo e quella del Paradiso con le sculture di Lorenzo Ghiberti. Ghiberti, fu il vincitore del concorso del 1401 che segnò l’inizio dell’epoca del Rinascimento. L’attuale Basilica di Santa Maria Novella, il Duomo, Santa Croce, erano ancora edifici in costruzione. I lavori per la costruzione di “Palazzo Vecchio”, la sede del Comune di Firenze, l’antico Palazzo dei Priori, iniziano nel 1299, poco prima dell’esilio di Dante. A Firenze, il dominio dei Medici nella politica, gli autori della futura ricchezza di Firenze, inizia verso la fine del 1300. All’epoca di Dante, appartenevano alla parte dei Guelfi Neri.
Nel XIII secolo, in “Italia”, ci fu un importante sviluppo economico e commerciale di tutte le città di terra e di mare che si protrasse fino alla fine del XV secolo. In quel periodo si cominciano a sviluppare l’industria e il commercio internazionale, le fiere, i mercati.
Inizia l’attività delle banche, il traffico di merce e di denaro. I comuni italiani hanno il primato in questo settore, rispetto agli stati europei. In Romagna, alcune fiere che sono nate in quel periodo, si svolgono ancora ai giorni nostri: la Fiera di San Gregorio in primavera a Morciano di Romagna e la Fiera di San Martino a Santarcangelo di Romagna, per i prodotti autunnali, la Fiera di San Michele a Bagnacavallo, la Fiera di Russi, e tante altre. L’origine dei mercati e delle fiere, nel nostro paese, hanno inizio all’epoca dei monaci Benedettini, quando cominciarono ad allestire i mercati per vendere i prodotti del convento, in eccedenza al fabbisogno interno.
Ogni Comune, aveva una sua moneta e un mestiere tipico di quella epoca, era il cambiavalute e il prestatore di denaro. Nel 1252, a Firenze, fu coniato il fiorino, che s’impose come la moneta per gli scambi internazionali. I padroni di botteghe, apprendisti, mercanti e cambiavalute, furono inseriti nell’organizzazione delle arti e loro avevano sempre maggiore influenza e potere. Oltre alle lotte fra Guelfi e Ghibellini, ci sono quelle fra nobili e popolani.
Nel comune i nobili erano rappresentati dal Podestà, mentre i popolani avevano come capo, un Capitano del popolo. Nel 1255, anche Firenze, comincia a costruire il palazzo del Capitano del popolo. Dal 1865, in questo palazzo, è stato allestito il più importante Museo della scultura italiana e del mondo: il Bargello, assolutamente da non trascurare, nella visita di Firenze, per l’incredibile raffinatezza degli ambienti, e per le più importanti opere di scultura italiana. Nella parete di una sala del museo, al primo piano, c’è anche un affresco col ritratto di Dante, attribuito a Giotto e alla sua scuola.
Firenze all’epoca dei comuni, fu turbata da una vera e propria guerra Civile fra fazioni politiche: i Guelfi e i Ghibellini. La città di Firenze, sviluppò più tardi, rispetto ai comuni vicini, ma essa è riuscita a superarli e ad imporre se stessa sugli altri, e giungere alle grandezze del Rinascimento.
Una caratteristica della vita commerciale e industriale a Firenze, all’epoca dei comuni, fu l’arte di Via Calimala, la strada del centro con i commercianti che acquistavano i tessuti e la lana naturali dalle Fiandre e dall’Inghilterra: li trasformavano in tessuti pregiati e li rivendevano esportandoli di nuovo.
In questo ambiente, sviluppò il mondo dei banchieri fiorentini che riuscì a superare quelli dei comuni vicini.
Accanto alle arti della seta e della lana, fiorì il commercio dei soldi, il cambio, l’arte dei Medici e degli Speziali, dei Pellicciai, dei Giudici e dei Notai. Nel 1282, inizia il governo delle arti, con l’elezione di tre “Priori”: Calimala, Cambiatori, Lana. In seguito si sono abbinati i priori delle arti dei Medici, Speziali, Seta, Vaiai (conciatori) e pellicciai. Il numero delle arti, fu portato a dodici, poi a sette, con quelle dei Giudici e dei Notai e poi c’erano quattordici arti minori.
Le sette arti maggiori, lottano per sostituire le classi nobili al governo della città con intricate lotte di fazione. Nei momenti successivi, nell’amministrazione della città, c’è l’istituzione di un Capitano del popolo, accanto al podestà e dopo, l’assunzione del governo da parte dei Priori delle arti.
Nel 1293 Giano Della Bella, promulga gli Ordinamenti di giustizia. Per essere eletti nel priorato bisogna essere iscritti ed esercitare un’Arte. Molti nobili, furono esclusi dalle cariche pubbliche. Il nobile, può occupare posizioni pubbliche se lavora. Fu istituito il Gonfaloniere di Giustizia, un magistrato che dirigeva il collegio dei priori delle arti, per dare più potere al nuovo ceto commerciale nascente, che doveva risiedere insieme ai priori con l’incarico di far rispettare gli ordinamenti.
VITA DI DANTE.
Nel 1265, a Firenze, sotto il segno dei Gemelli, nasceva uno degli uomini più conosciuti d’Italia: Dante Alighieri. La famiglia di Dante, non apparteneva alla nobiltà, ma al ceto produttivo emergente nel Medioevo fiorentino. Dante, ha perso la madre a sei anni, e il padre all’età di dieci anni. Egli nacque, quando il padre aveva cinquantacinque anni, è stato un bambino che si è formato senza genitori. Di sua madre, egli non ricorda nulla.
Il padre di Dante, svolgeva il lavoro commerciale di cambiavalute, prestatore di denaro, uomo d’affari e si dedicava alla compravendita degli immobili. Forse sperava che anche il figlio seguisse le orme del padre. Non è chiara la formazione giovanile di Dante, quale scuola o bottega frequenta in gioventù e il titolo di studio che consegue. Dante non parla della sua infanzia e sembra che non ci sia traccia di scuole o botteghe che ha frequentato, se si escludono i maestri della scuola stilnovista Guido Guinizzelli e l’amico Guido Cavalcanti. Non ama comunicare tante informazioni su se stesso, e quando fu costretto all’esilio, deve viaggiare con una certa cautela, da clandestino, per non lasciare tracce, su di lui grava la pena di morte.
Come molti giovani dei giorni nostri, non amava il lavoro del padre, la sua vocazione era un’altra. Dal padre, ereditò solo le idee politiche; è probabile che con l’anziano genitore esistessero diversi motivi d’incomprensione e incompatibilità di carattere a causa dell’età. A Dante non piaceva il mondo degli affari e pensava che suo padre fosse anche usuraio. Per dieci anni circa, dopo la morte di suo padre, si è dedicato allo studio ed è riuscito a vivere senza lavorare, ma dopo il matrimonio e tre figli, inizia ad avere problemi economici e l’esilio l’ha costretto a vivere da uomo povero.
I figli di Dante, quando lui partì per l’esilio, essi furono assegnati alla famiglia della moglie che era nobile. Dai figli, Dante, fu raggiunto negli ultimi tre anni, quando viveva a Ravenna. Importanti invece, sono anche gli amici che Dante ha frequentato, come il Guinizzelli che riconobbe come padre della letteratura e il Cavalcanti, il suo primo amico e compagno di studi. Dopo la battaglia di Montaperti, il padre, non fu esiliato dai vincitori Ghibellini, perché non considerato pericoloso. La madre di Dante, invece proviene da famiglia Ghibellina. Nel 1274, a nove anni, vede Beatrice la prima volta. La rivede nel 1283 a diciotto anni. Comincia a scrivere liriche che raccoglierà nella Vita Nuova e nel libretto delle Rime nello stil novo emergente.
La visione di Beatrice, è l’evento più efficace dell’infanzia che condiziona la sua vocazione. Fu un amore platonico, e impossibile, perché Beatrice era sposata. L’amore platonico, fu teorizzato dal movimento stilnovista che si stava imponendo in quel periodo a Firenze. Guido Guinizzelli, giurista e poeta di fama, fu l’ iniziatore e il capo della scuola dolce stil novo, nato negli ambienti universitari bolognesi e di cultura accademica. Inventarono e idealizzarono la donna angelo. La giovane, morirà il 9 giugno 1290, forse di parto all’età di 25 anni. L’amore che muore, diventa eterno. L’incontro di Beatrice, per Dante può significare l’incontro con la letteratura e la strada da intraprendere, è come se Beatrice fosse stata la scuola di Dante e lo segnò per tutta la vita. Beatrice, lo accompagnerà anche nel viaggio ultraterreno fra le anime del Paradiso, la sua ultima opera terminata a Ravenna. Dopo la morte di Beatrice, Dante inizia a studiare filosofia, e si dedica all’attività politica e la sua vita cambia profondamente.
Dante, così descrive Guido Guinizzelli nel canto XXVI – 97-99 del Purgatorio: “Il padre Mio e de li altri miei miglior che mai Rime d’amor usar dolci e leggiadre” In Toscana, Guinizzelli, fu seguito da Guido Cavalcanti, dal giovane Dante e da altre personalità, Cino da Pistoia, Lapo Gianni…
Nel Purgatorio, Dante indica come insegnante Guinizzelli, ma non sarà solo, anche Virgilio, per l’ispirazione del poema e Brunetto Latini, notaio, politico influente e scrittore omosessuale, di nobile famiglia che Dante colloca nel XV canto dell’Inferno. Latini, aveva una posizione pubblica importante in Firenze e Dante voleva diventarne l’erede.
Nel 1275, muore il padre di Dante e per molto tempo, riesce a studiare e a vivere senza lavorare.
All’epoca di Dante, fra le famiglie, c’era l’usanza dei contratti matrimoniali; il 9 febbraio 1277, Dante è promesso in matrimonio a Gemma Donati, con atto del Notaio che sposerà a venti anni nel 1285 e avranno tre figli, Jacopo, Pietro e Antonia che diventerà suor Beatrice al monastero degli ulivi di Ravenna. In un documento del 1308, è indicato un Giovanni a Lucca, come un altro figlio di Dante. Nel 1285, aveva studiato a Bologna da giurista e ai primi anni ’90, ottenne una laurea. Fino a trenta anni, Dante, non si occupò di politica, ma partecipò ad alcune guerre che si svolsero fra il comune di Firenze con quelli vicini. Ai giorni nostri, potrebbe essere visto anche come un precursore d’ Ernesto Guevara, ma in un certo senso, più fortunato, Guevara, è stato catturato. Dante, non fosse diventato famoso per aver scritto la Commedia; egli lo sarebbe certamente diventato per la sua vita rocambolesca.
Nel mese di giugno 1289, è presente nella battaglia di Campaldino tra i feditori a cavallo. La battaglia avvenne fra la vittoriosa Firenze Guelfa e la Ghibellina Arezzo. Dante ci parla di questa battaglia nel V canto del Purgatorio (85-129), con la vittoria Ghibellina. Nel mese d’agosto dello stesso anno, è fra i cavalieri che partecipano all’espugnazione del castello di Caprona, un possesso pisano. (Inferno, XXI – 94).
Nel 1295, in seguito alla riforma degli Ordinamenti di Giano della Bella, s’ iscrive all’Arte dei Medici e Speziali per poter partecipare alla vita pubblica. Nel 1327, s’iscriverà anche Giotto all’Arte dei Medici e degli speziali che accetterà per la prima volta anche i pittori.
Non è facile conoscere l’attività politica di Dante fra il 1295-96. Fa parte del consiglio dei Savi, del Consiglio dei Cento e partecipa ad altri incarichi pubblici. Approvò alcuni regolamenti sull’esilio dei nemici che essi in seguito si rivoltarono anche contro di lui e l’amico Guido Cavalcanti, che morì a causa dell’esilio.
Verso il 1300, i guelfi fiorentini si dividono in Bianchi e Neri. Dante, apparteneva ai Bianchi, era diventato più ostile al papa. Per due mesi, fra giugno e agosto del 1300, Dante è eletto priore a Firenze. Due anni dopo, i bianchi, sono cacciati dalla città. Nel mese d’ottobre del 1301 è inviato in una missione a Roma dal Papa Bonifacio VIII a causa dell’arrivo a Firenze di Carlo Valois, intenzionato a rovesciare il governo “bianco”. Dante è trattenuto a Roma, mentre Carlo a Firenze favoriva la parte nera.
Fu un vero e proprio colpo di Stato; fu sostituita l’intera classe dirigente della città, con un esodo delle persone e dei loro capitali. I Guelfi Neri, s’insediarono a Firenze a novembre 1301 e cominciarono a perseguitare gli avversari politici ostili al Papa. Dante è condannato con gli altri Bianchi per baratteria e intrighi che turbano la pace della città. Il 27 gennaio 1302, è pronunciata la sentenza contro Dante: dovrà pagare una multa di 5000 fiorini, l’esilio per due anni e l’esclusione permanente dai pubblici uffici e l’eventuale confisca dei beni.
Il dieci marzo del 1302, una seconda sentenza, lo condanna a morte, perché non si presenta a pagare la multa di 5000 fiorini e a discolparsi. Per la Procedura Penale fiorentina, la contumacia, era considerata un’ ammissione di colpa. Nessuno dei condannati, pagò i 5000 fiorini per salvare le loro proprietà dalla distruzione e tutti furono condannati a morte. Prende da solo la strada dell’esilio e lascia a Firenze moglie e figli. Dopo l’esilio, Dante ha interrotto gli studi di filosofia e letteratura a cui si era dedicato.
Dante apprende la notizia a Siena, mentre egli sta tornando da Roma e quando lui ha conosciuto la situazione che c’era a Firenze, si unisce ai compagni Bianchi e poi fuggirono nei comuni vicini e Dante non fece più ritorno a Firenze. Cercarono protezione prima ad Arezzo, poi a Forlì verso la fine del 1302, dove c’era la signoria degli Ordelaffi, d’ appartenenza ghibellina, e fra il 1302 e 1304, tentarono invano di rientrare a Firenze con l’aiuto d’ altri comuni ghibellini, con i quali provarono ad allearsi, con diverse azioni di guerriglia dove furono sconfitti; anche nel 1304, tentò di entrare a Firenze a “mano armata”, non gli riuscì e partì per Verona, ospite di Bartolomeo della Scala, il «gran Lombardo», Paradiso, XVIII, 71. Dante ritornerà a Forlì nell’estate del 1310.
Flavio Biondo, a Forlì, parla di una missione diplomatica di Dante a Verona per conto degli Ordelaffi. Resterà otto mesi a Verona, dove si recherà per trovare alleati per attaccare Firenze.
A Verona, troverà un’antica biblioteca, la più fornita d’Europa, dove ci saranno stati dei libri che non poteva trovare fra l’ Appennino tosco-romagnolo. Da quando aveva lasciato Firenze, aveva dovuto interrompere gli studi e per lui era un evento molto doloroso. Si pensa che a Verona, è nata l’idea di scrivere il trattato filosofico del Convivio e forse, ha già iniziato a scriverlo.
Da Verona, nei primi giorni di marzo trasloca ad Arezzo.
Nel 1304, il fratello Francesco, da Firenze arriva ad Arezzo, per aiutare Dante con un prestito.
A causa della situazione dell’esilio, si trovava in difficoltà economiche e in quel periodo, decide di lasciare la guerriglia, ed i compagni della lotta armata che si mostreranno ostili.
A metà dell’anno 1304, egli lascia i compagni d’ esilio, parte per Bologna, dove egli ha già soggiornato e studiato nella seconda metà del 1285, e negli anni Novanta, egli ha acquisito una Laurea.
E’ possibile che a Bologna abbia insegnato anche nel 1300. In una città con tanti studenti, egli sarebbe stato in grado di sostenere anche lezioni private. A Bologna, poteva dare lezioni di grammatica latina, e incontrare i filosofi moderni. In seguito, farà il professore anche in altre università italiane, Siena, Perugia, Napoli.
A causa della sanzione di morte, gli spostamenti di Dante durante l’esilio, non sono sempre documentati; ogni movimento, doveva svolgersi con una certa cautela e con la protezione d’ amici.
A San Giovanni in Persiceto, presso Bologna, aveva anche dei parenti che potevano aiutarlo in caso di bisogno. Nel 1304-1306, a Bologna, ricomincia a studiare e a scrivere. Compone il Convivio e il De Vulgari Eloquentia. Nel De Vulgari Eloquentia, iniziato a Verona, Dante mostra di conoscere i dialetti di Padova, Treviso , Venezia, città che ha visitato nel soggiorno a Verona.
A Bologna, quando Dante scriveva il De Vulgari Eloquentia, egli era contrastato dai professori che considerano solo il latino una lingua di cultura. Dante presentò il progetto linguistico in latino per fare in modo che non fossero prevenuti nei confronti del libro, come avverrà per la Commedia, che sarà rifiutata, perchè scritta in volgare. Fu costretto a fuggire da Bologna a causa dei cambiamenti politici a lui sfavorevoli e restarono incompiuti il “Convivio” e il “De Vulgari Eloquentia”
Il Convivio, prevedeva 14 libri. Ogni libro doveva iniziare con una canzone, seguito da un commento in prosa volgare. Il lavoro è rimasto interrotto alla fine del IV libro a causa della sua partenza per il cambiamento politico di Bologna. Nel Convivio, prende le distanze dall’Imperatore, ma poi parla della necessità storica e ne argomenta l’origine provvidenziale. Qui, per la prima volta assume forma compiuta l’ideologia imperiale che lo porterà a rivedere profondamente le sue idee sulla nobiltà. Cambia idea sulla nobiltà che non è un dono personale ed ereditario e non si trasmette con la stirpe e col sangue.
Fuggito nel mese di giugno del 1306, da Bologna, ad ottobre dello stesso anno, si trova in Lunigiana presso i Malaspina. Era la prima volta che visitava questa zona d’Italia, percorsa dal fiume Magra che scende nella valle di Sarzana tra la Toscana e la Liguria. Con la famiglia Malaspina, instaura un rapporto sereno e duraturo fino al 1315, con la morte del suo protettore Morello. Nel Purgatorio, incontra l’anima di Corrado Malaspina, morto nel 1294, cugino dei suoi protettori Morello e Franceschino e Dante fa conoscere quella famiglia in tutto il mondo. Comincia qui, a scrivere la “Commedia”, l’Inferno che termina alla fine del 1308 durante il soggiorno a Lucca. La pubblicazione dell’Inferno, avverrà nel 1314.
Nel 1307, lascia la Lunigiana per il Casentino e nel 1308, si sposta a Lucca, dove ha un figlio, ma anche da questa città deve fuggire per motivi politici. A Lucca, scrive il Purgatorio. Nel 1309, un editto del comune di Lucca, obbliga i rifugiati fiorentini a lasciare la città. Dopo la partenza da Lucca, inizia un viaggio verso la Francia e alcuni pensano che sia arrivato fino a Parigi, passando dalla Liguria alla Provenza, nel 1309. Alcune tracce del viaggio in Francia, che vengono a meno ai confini con la Provenza, sono presenti nel Purgatorio. Nell’estate del 1310, si trova a Forlì e nel 1311, nel Casentino per circa sei mesi, ospite dei Guidi, che non erano affidabili come i Malaspina. Stavano con i Guelfi o i Ghibellini, secondo la convenienza del momento.
Nel 1311, Dante apprende di essere stato escluso da un’ amnistia del comune di Firenze e alla fine dell’anno, salpa con una spedizione diretta a Genova. Questo si trova scritto in una lettera spedita da Petrarca a Boccaccio che dice di avere incontrato Dante un unico momento della sua vita, quando era bambino.
Il padre di Francesco Petrarca e Dante, si sono conosciuti in esilio. Sono stati esclusi entrambi dall’ amnistia fiorentina e fanno conoscenza alla presenza di Francesco Petrarca nell’inverno del 1311, mentre s’ imbarcano per Genova. Dante, era stato considerato un rivoluzionario, dal comune di Firenze; nel periodo dell’esilio, egli era diventato favorevole all’Imperatore ed all’amnistia, egli non fu ammesso.
Dante, scrisse anche una lettera all’Imperatore Enrico VII sceso in Italia nel 1310, chiedendo di aggredire Firenze per portare la pace fra le fazioni politiche della sua città. I comuni, temendo di perdere l’ autonomia, si erano alleati contro l’Imperatore. Aveva anche un carattere molto polemico, ingiuriava i potenti e con i suoi giudizi molto innovativi per l’epoca, non attirava le simpatie dei contemporanei, ma la vita che egli passò in esilio, attirò le simpatie della gente di tutto il mondo. La sua vita è anche un’ illustre testimonianza di un periodo della storia d’ Italia. Nei primi giorni di marzo 1312, Dante, va a Pisa con la corte imperiale ed è la prima volta che visita questa città, dove resterà fino alla fine di Enrico VII, avvenuta il 24 agosto 1313 a Buonconvento.
Fra il 1310-1313, comincia a scrivere De Monarchia. E’ un trattato filosofico e politico, scritto in latino diviso in tre libri e ognuno risponde ad una domanda: se la Monarchia o l’Impero, siano utili alla condizione del mondo; se il popolo chiede di diritto la monarchia (l’imperatore) e se il monarca dipende da Dio o da un ministro di Dio. La Monarchia è stata terminata nell’estate del 1313, ma dopo la morte di Enrico VII, non fu divulgata. Doveva essere un’opera di propaganda, dove emergeva la posizione politica di Dante nel periodo dell’esilio.
Dante, a Firenze, da guelfo, era favorevole al Papa, mentre nell’esilio, sosteneva la parte politica dell’Imperatore. In quegli anni, scrive una lettera ai fiorentini che non si oppongono all’imperatore e una lettera ad Enrico VII, perché si occupasse della sua situazione con la giustizia.
Dopo la morte di Enrico VII, parte da Pisa e non è facile seguire i suoi spostamenti. Alcuni pensano che sia andato in Lunigiana e a Ravenna. In aprile del 1315, muore Moroello Malaspina e deve trovare un altro posto e anche quel anno, non è facile sapere dove soggiorna.
Nel 1315, a Firenze, c’è un’altra amnistia. I condannati, per estinguere il loro reato devono pagare il 5% del dovuto. Gli amici, sanno dove Dante si trova e lo informano per invitarlo ad aderire.
Dante rifiuta orgogliosamente l’offerta del comune di pagare anche il 5% per entrare in Firenze, esponendo le sue ragioni nella lettera all’Amico fiorentino. A questo punto, egli aveva capito che le sue opere avrebbero portato successo e denaro, così, nel 1315, da parte del Comune di Firenze, è confermata di nuovo la sanzione di morte e la confisca dei beni per Dante e i suoi figli.
Nel 1316, passa ancora per Forlì, poi si trasferisce per due anni a Verona e gli ultimi tre anni a Ravenna, dove riunisce la famiglia e questa sembrava una sistemazione definitiva, a Ravenna, trova anche un’occupazione per i tre figli…ma, da Ravenna, ha compiuto l’ultimo viaggio. In una missione diplomatica a Venezia per conto della famiglia Da Polenta, si ammalò di malaria e si spense il 13 settembre 1321 a Ravenna. Le esequie ebbero luogo nell’antica Basilica di San Francesco a Ravenna. In esilio, Dante, svolgeva l’attività d’ ambasciatore fra le signorie dell’epoca. Egli visse nelle corti dei “Principi”, come gli scrittori e artisti del Rinascimento, ma ha avuto la sfortuna di vivere nel Medioevo e non alla corte dei Medici. Dante ha vissuto il Medioevo come un uomo del Rinascimento.
La Commedia, dovrebbe essere studiata fin dalle scuole elementari e non solo nelle secondarie.
(Continua)
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