NOVECENTO, l’arte nell’Italia del Duce
NOVECENTO, l’arte e la vita in Italia tra le due guerre, è il titolo di una mostra che si svolge a Forlì nei Musei San Domenico dal 2 febbraio fino al 16 giugno 2013. Sono presenti oltre 400 opere di varie tendenze artistiche del ventennio fascista, in gran parte quadri, provenienti da tutti i musei pubblici e privati d’Italia che rappresentano: l’arte di propaganda, la metafisica, il futurismo e particolarmente il gruppo “Novecento”, che fondò la collaboratrice e amante ebrea di Mussolini, Margherita Sarfatti in opposizione al Futurismo e nello stesso periodo della nascita del fascismo. Sono esposti i dipinti dell’epoca, i cartelloni pubblicitari, piccole riproduzioni dei monumenti più importanti dell’architettura fascista, libri, abiti, mobili, un film e una radio. La radio fu il mezzo di comunicazione più importante per quel periodo. Il cinema era considerato uno strumento di propaganda e persuasione delle masse. Il fascismo, voleva “riportare l’ordine” nell’arte, con il ritorno al passato, alla tradizione accademica e alle forme estetiche storiche, all’arte borghese. La mostra di Forlì ai Musei San Domenico, è la più grande, fra quelle che hanno trattato il tema dell’arte italiana fra le due guerre, ma è ancora troppo piccola, per rappresentare l’immagine reale e l’immensa retorica del regime.
«Dopo aver rilevato come anche nel Risorgimento, ai tempi in cui l’Italia era divisa, la sua arte era un privilegio e una gloria per essa, ha aggiunto che oggi, in cui tutte le condizioni più auspicate dai grandi italiani, e prima e fondamentale, l’unità, si sono realizzate, può svilupparsi nella nostra terra, una grande Arte che comprenda in sé e a sua volta informi, tutte le manifestazioni della vita, un’arte che deve essere tradizionalista e al tempo stesso moderna, che deve guardare al passato e al tempo stesso all’avvenire. Noi non dobbiamo rimanere dei contemplativi, non dobbiamo sfruttare il patrimonio del passato. Noi dobbiamo creare un nuovo patrimonio da porre accanto a quello antico; dobbiamo creare un’arte nuova, un’arte dei nostri tempi, un’arte fascista».
Questo aveva dichiarato Benito Mussolini, all’Accademia di Perugia. Il discorso, è stato pubblicato da Critica Fascista, n. 2 del 1926, aprendo un dibattito al quale hanno partecipato diversi esponenti della cultura: Soffici, Maccari, Bontempelli, Malaparte, Cecchi, Braglia. L’arte del regime, respinge le espressioni rinnovatrici e dinamiche del Futurismo e le avanguardie; è un’arte nazionalista e nello stesso tempo tradizionalista. La polemica sull’arte, non fu limitata a «Critica Fascista», proseguì anche sulla stampa italiana. Bontempelli, nel 1926, fondò la rivista “900” e dichiarava “Il Novecento, ci ha messo molto tempo a spuntare. L’Ottocento non poté finire che nel 1914. Il Novecento, non comincia che un poco dopo la guerra”. Non tutti sono d’accordo con Bontempelli, che voleva cancellare il periodo delle Avanguardie artistiche del Novecento, che inizia prima della fine dell’Ottocento, con Van Gogh, che segna la divisione fra i due secoli. L’arte del Duce, si può considerare del Novecento, ma è arte borghese e una delle tante espressioni d’arte di questo secolo.
Le Avanguardie del primo Novecento, e lo stesso Futurismo, erano movimenti rivoluzionari che sono stati favoriti, dalle tendenze di pensiero, apparse con la rivoluzione industriale. Il Futurismo, fu la prima avanguardia d’Italia e il primo movimento artistico, che si affermava in Europa, dopo l’unità d’Italia; rinnegando l’arte del passato. Volevano innovare l’arte con la distruzione dei musei e delle biblioteche, li consideravano dei cimiteri. L’ideologo del Futurismo, Tommaso Martinetti, tenta di convincere il Duce, per vendere i Musei italiani agli stranieri. Il futurismo è considerato un movimento d’avanguardia internazionale. Il fascismo può essere definito come la rivoluzione della borghesia produttiva e vuole un’arte tradizionale, conformista, nazionalista. Il Duce, considerava i Futuristi, comunisti, l’arte fascista, “moderna”, ma apparentemente, non perseguitava gli artisti che non si adattavano all’arte ufficiale, come Hitler in Germania. In Italia, il Duce non voleva architetti e artisti stranieri.
L’arte fascista, doveva essere semplice e comprensibile alle masse, persuasiva, comunicativa, celebrativa, al servizio del regime, arte di propaganda che esaltava l’immagine grandiosa del governo e del suo responsabile; gli edifici e le statue imponenti, le pitture murali, imitavano i monumenti dell’Impero Romano. La pittura, doveva riprendere immagini di vita quotidiana, quella dei campi e dei contadini, un settore dove Mussolini cercava di ottenere tanti consensi; scene di vita borghese al mare, il culto del corpo e della maternità. Durante il fascismo, fu incrementato il turismo balneare; lo stesso Duce, disponeva di una villa a Riccione. Villa Mussolini a Riccione, si può visitare anche ai giorni nostri.
La rivoluzione industriale ha portato anche all’affermazione dello stile Liberty, floreale e decorativo che si manifesta in diverse forme artistiche: architettura, grafica, design, produzioni di mobili, lavorazioni di vetro e ceramica, giornali, manifesti. Lo scopo del liberty, fu quello di migliorare i prodotti creati in serie dalla nuova industria. Questo stile fu applicato negli ultimi venti anni dell’Ottocento, fino all’inizio della prima guerra mondiale. Il nuovo “ritorno all’ordine”, oltre all’arte astratta, rifiutava anche lo stile Liberty.
A Mussolini, non piaceva il Rinascimento, lo considerava frivolo; ma in quel periodo, alcune tendenze artistiche s’ispirarono agli artisti del Rinascimento. La mostra di Forlì, inizia col dipinto della “Città ideale” che si trova ad Urbino, nella Galleria Nazionale delle Marche.
Il gruppo Novecento, è stato fondato nel 1922, e la prima esposizione, si è tenuta a Milano, nella Galleria Pesaro, con sette pittori nel 1923: Mario Sironi, Achille Funi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba, Pietro Marussig e Ubaldo Oppi. Nel 1924, si presentano alla Biennale di Venezia e dopo il successo della Biennale, la Sarfatti, organizza una mostra con oltre cento artisti alla Permanente di Milano. Nel 1928, espongono anche a Parigi, poi a Basilea nel 1929.
Dal 1926, si associa a Novecento anche Carlo Carrà, uno dei fondatori della pittura futurista.
Nello stesso periodo, di Novecento e dell’arte di propaganda, c’è un altro gruppo d’artisti. Loro operano fuori delle tendenze ufficiali di regime, anche se alcuni, hanno prodotto opere conformate al gusto del regime: Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, Virgilio Guidi, Felice Casorati, Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Mino Maccari, Mario Mafai, Renato Guttuso.
Oltre l’arte ufficiale, sono esposte alcune opere futuriste e della metafisica, ma non è presente invece la pittura astratta che si è formata a Milano fra gli anni Trenta e Quaranta: Fontana, Soldati, Radice, Reggiani, Rho, Licini, Melotti…, ma il gruppo degli astrattisti milanesi, era stato trascurato anche all’epoca, e si opponevano all’arte di Novecento; cercarono di assimilare maggiormente in forma critica il Futurismo e la Metafisica, si opposero al nazionalismo dell’arte dominante. Sono presenti alla mostra anche oggetti e abiti e d’epoca, provenienti dal museo del Costume di Palazzo Pitti, in Firenze. C’è l’esposizione dei cartelloni pubblicitari e i plastici d’edifici che sono stati costruiti all’epoca, a Forlì e nelle principali città italiane.
L’architettura in mostra, è limitata a pochi esemplari, i più importanti. In quel periodo in Italia, si diffuse il Razionalismo, suddiviso in vari gruppi, sono stati fabbricati numerosi edifici in tutte le città, tribunali e vari uffici statali, università, ospedali, le case del fascio, le colonie marine, le stazioni ferroviarie… Con Mussolini, l’Italia si è riempita di edifici continuamente in costruzione che modernizzava il paese intero. Considerava l’architettura una delle arti più importanti per ottenere il consenso delle masse. Nella mostra, si sarebbero potute esporre anche tre automobili d’epoca: una Balilla, un’AlfaRomeo e una Ferrari. Non dimentichiamo che l’ultima è stata fondata fra le due guerre, nel 1939 e la velocità era anche il simbolo dei Futuristi. Il futurismo, non fu disperso con la prima guerra mondiale, nonostante la scomparsa di Boccioni e Sant’Elia, ma proseguì fra le due guerre con l’Aeropittura che esaltava il mito dell’automobile, della velocità, e dell’aeroplano.
Di solito, l’arte di propaganda, si studia poco nelle scuole; la mostra ci offre l’opportunità di approfondire l’argomento. Al visitatore profano, che visita una mostra per la prima volta, non è subito facile interpretare le opere. Ai Musei San Domenico, non è esposto solo, arte del regime, ma anche quella di altre tendenze artistiche di quel periodo. Per approfondire l’argomento, può anche essere utile leggere il libro: “Arte e ideologia del fascismo”.
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