TONINO DAL RE, un genio romagnolo
Ad eccezione di Dante Alighieri, in Romagna i grandi artisti arrivano in ritardo. Nell’Ottocento, c’è stato Silvestro Lega, nel secolo scorso, Umberto Boccioni e un particolare talento, lo ha dimostrato anche Federico Fellini per il cinema, solo per segnalare qualche esempio, ma sono pochi, nelle arti figurative gli artisti che hanno eguagliato le grandezze di Leonardo, Michelangelo o Raffaello. A causa degli eventi storici con Principi bellicosi, la Romagna è stata la periferia del Rinascimento che non ha avuto la stessa importanza di altre città italiane, anche se ci sono stati esempi di opere rinascimentali a Rimini, a Forlì, a Cesena. Ravenna, con l’arte del mosaico, è stata la capitale del Medioevo, poi è stata soggiogata dallo stato della chiesa e non ha avuto grandi talenti.
Fra i grandi artisti del Novecento, Tonino Dal Re, in Romagna è certamente uno dei pochi che può sostenere il paragone con Dante Alighieri per immaginazione, operosità e unicità della propria forma di espressione senza eguali.
Tonino Dal Re, è nato nella Romagna bolognese nel 1924, in località Montesanto, un paesino in periferia ad Imola nord, situato fra la ferrovia e l’autostrada. La Romagna bolognese, è la parte di regione Romagna amministrata dalla provincia di Bologna, dove i suoi abitanti, si sentono romagnoli e bolognesi. La Romagna storica è quella descritta da Dante Alighieri nella Divina Commedia e comprende anche la città di Imola.
Primogenito di tre fratelli, il piccolo Tonino, fin da bambino, si dimostrò originale e ingegnoso; all’inizio della carriera artistica, seguì le orme del suo maestro d’arte, il Conte Tommaso Della Volpe (1883-1967) e dopo un periodo di disegni e dipinti sui ciclisti, supera gli insegnamenti ricevuti e per tanti anni, apre uno studio d’arte a Bologna, proseguendo il suo percorso artistico in modo autonomo e personale, iniziando una fase artistica che sarà definita Surrealismo fantastico, ricevendo tanti premi e approvazioni anche in paesi stranieri e nella sua lunga carriera, l’arte surreale, avrà diverse fasi e denominazioni.
La formazione. Non è facile comprendere Tonino Dal Re, creativo e fantasioso, ma anche difficile ed esigente con se stesso. E’ nato in una famiglia contadina, che non voleva sentir parlare di arte, era destinato a svolgere le attività agricole, ma lui non aveva intenzione di svolgere il lavoro dei campi, anche se amava la natura e gli animali. Per la formazione artistica seguì delle strade alternative, il suo carattere, gli permetteva di fare amicizia con tanta gente, e fra queste c’erano anche le persone che lo aiutarono ad intraprendere l’attività alla quale lui sarà destinato. Da piccolo, aveva le idee chiare su quello che voleva fare da grande: il pittore, ma la famiglia era un ostacolo alle sue ambizioni, che lui riuscì a superare con grande abilità, anche se è sempre stata una famiglia molto unita, nonostante la diversità di carattere. La mamma, era una donna molto religiosa, la domenica lo portava in chiesa e osservando i dipinti, alle pareti, diceva, “Io, da grande, farò quelle cose lì”, ma la famiglia non lo prendeva sul serio, il piccolo Tonino, allora mise in atto un certo ostracismo per dimostrare che non era portato per la vita dei campi, e voleva andare a scuola.
Il poeta imolese Luigi Orsini conosceva anche la famiglia di Tonino e tentava di convincerli a farlo studiare e dopo le elementari lo iscrissero alla scuola di Agraria, ma Tonino, tutte le sere, attraversava la ferrovia per andare a casa del poeta, e parlare di letteratura, arte e poesia e fu in quelle visite che il poeta scoprì il talento artistico del ragazzo, mentre il poeta parlava, Tonino, disegnava il tema delle conversazioni fra i due, tanto che il poeta, decise di presentarlo al suo più caro amico, il Conte Tommaso Della Volpe, che era uno degli artisti imolesi più conosciuti in Italia nella prima metà del Novecento.
Dopo tre anni di scuola Agraria, Tonino Dal Re sognava di frequentare il Liceo Artistico a Bologna, ma gli fu vietato, se proprio voleva continuare a studiare, doveva frequentare Ragioneria, la famiglia desiderava un ragioniere, considerati i costi per l’amministrazione dell’azienda e così, s’iscrisse al primo biennio di ragioneria a Lugo e nel frattempo, la sera, egli iniziò a frequentare lo studio del pittore Tommaso Della Volpe.
La pittura di chiese e il periodo figurativo. A 15 anni, nel 1939, Tonino, inizia a frequentare lo studio di Della Volpe, fino al 1967, l’anno della morte del Conte. Dal 21 al 29 maggio 1961 hanno esposto insieme le loro opere a Forlì alla Sala Esposizione E.N.A.L. Con Della Volpe, apprende le tecniche artistiche, il disegno, l’affresco e la fotografia. La prima parte dell’attività artistica di Tonino, il periodo compreso fra gli anni Cinquanta e Sessanta è caratterizzato da affreschi e restauri di numerose chiese, teatri e residenze private; anche la pittura da cavalletto, fu condizionata dallo stile dei suoi due maestri, il conte Della Volpe e dall’altro pittore imolese dell’epoca, Anacleto Margotti che gli fu sempre presentato dal poeta Orsini. In quel periodo, anche Dal Re, dipingeva opere i cui soggetti rappresentavano ritratti, paesaggi, fiori, e momenti di vita della campagna imolese e nel 1949, iniziava ad esporre nelle gallerie.
Il matrimonio e il ristorante. Nel 1944, Tonino, incontra la donna della sua vita, Luisa, si sposano e in seguito, andranno ad abitare in un appartamento nel centro di Imola e avranno quattro figli: Giovanna, Franco, Vanni e Maria Pia con tanti nipoti; il lavoro dell’azienda agricola, sarà portato avanti da un fratello di Tonino. Nel 1950, pensava al futuro dei figli e il solo mestiere di pittore, non bastava, così decise di aprire un bar con la moglie, presso il distributore della Mobil a Piratello, sulla Via Emilia, poco distante da Imola. La decorazione delle chiese, nel Novecento, non era redditizia come nel Rinascimento, e Tonino, essendo anche padre di famiglia, non poteva correre il rischio di vivere povero ed infelice, come gli altri artisti, e dimostrava di essere dotato anche di una certa intraprendenza.
Riesce a produrre e a vendere i propri quadri. Gli artisti, nel Novecento, venivano conosciuti dal pubblico se qualche critico si occupava delle loro opere, o se avevano qualche gallerista che organizzava loro le mostre, ma non riuscivano ugualmente ad arricchirsi con l’arte. Per gli artisti, non è facile, produrre e vendere i propri quadri, in genere, ci sono altre persone che si occupano della pubblicità e della vendita.
La simpatia di Tonino e la fama derivante dalla pittura e da quella per la partecipazione al giro ciclistico d’Italia come pittore, attirò molti clienti, e decide di ampliare il locale, creando una pizzeria e ristorante, ancor oggi esistente: il Campanaccio, per il campanaccio delle Dolomiti, collocato davanti all’ingresso. Diventò ben presto un locale di successo, sia per la cucina, sia come luogo d’incontro di artisti, musicisti che cantavano fra i tavoli, gente di cultura, dello sport e dello spettacolo; il ristorante, era aperto tutta la notte e gestito per oltre venti anni, fino al 1972, dalla sua famiglia, poi, venduto, quando i figli trovarono lavoro altrove. Sulle pareti della sala del ristorante, è rimasto anche un affresco dell’epoca.
Tonino, nel locale intraprese diverse iniziative, nel 1965, istituì un premio letterario per giornalisti sportivi: Il campanaccio d’oro. La manifestazione ebbe gran risonanza e durante la premiazione erano presenti diverse personalità di tutti i settori economici e l’anno successivo, il successo fu ancora maggiore, ma il ristorante non aveva la capienza sufficiente per accogliere tutti gli invitati, molti furono costretti a restare nel piazzale del ristorante e capì che il premio letterario non si poteva tenere nel suo locale e terminò alla seconda edizione. Negli anni successivi, un amico di Tonino, istituì il Festivalbar, dove erano premiati i cantanti più gettonati durante l’estate. La prima e seconda edizione, ebbero inizio nel locale di Tonino; poi, in seguito, questa diventò una manifestazione più importante di allora. Il ristorante è stato anche un mezzo pubblicitario per la sua attività principale, e dopo aver venduto il ristorante, nel 1972, si dedicava solo alla pittura.
La pittura dei ciclisti. Nel 1960, Tonino, in contrasto con un prete a causa di un affresco stava attraversando un periodo di crisi e stasi creativa, fu invitato da un amico per una vacanza, al seguito del giro d’Italia; non si era mai interessato di ciclismo, ma fu anche l’occasione per uscire dagli ambienti chiusi delle cattedrali. Non aveva pensato di portare con se l’attrezzatura per disegnare e dipingere e dopo qualche giorno gli fu procurata dalla figlia dell’albergatore, dove alloggiavano e dipinge le prime immagini dei ciclisti con gli avvenimenti delle giornate trascorse, sugli scuretti della sua camera d’albergo e scoprì che il giro d’Italia, gli avrebbe permesso di fare nuove esperienze pittoriche dal vero e tanti studi sul movimento. Si accorse di avere la capacità di esprimere nei quadri, non solo l’espressività dei ritratti e la staticità dei paesaggi, ma riusciva a rappresentare con facilità anche le immagini in movimento e per diversi anni, andò al seguito del Giro d’Italia e diventando famoso come il “pittore dei ciclisti”, osservando i drammi, le sofferenze e le gioie di ognuno di loro, riportandoli sulle tele o sulle tavolette che furono esposte nelle mostre dedicate al ciclismo.
Per qualche anno, Tonino eseguirà anche dei bozzetti che usciranno sui principali giornali sportivi, come Stadio, Gazzetta dello Sport e per il Resto del Carlino, facendo amicizia, con i ciclisti, gli organizzatori, i cronisti e i giornalisti, dimostrando anche una gran capacità di dedicarsi alle pubbliche relazioni. Egli, nella sua vita incontrò tante personalità di vari settori: della religione, dell’arte, dello spettacolo della politica e dell’industria. Con i “ciclisti”, Tonino sembra avere raggiunto l’apice della fama, ma la sua arte si rinnova e progredisce continuamente. I ciclisti, furono soprattutto un momento fondamentale di studio e di apprendimento. Dal 1963 al 1970, inizia una serie di mostre personali, sul ciclismo, in varie gallerie d’Italia.
Il tema dei ciclisti, fu abbandonato negli anni Settanta e ricominciò ad interessarsi di nuovo a questi soggetti con le imprese di Marco Pantani, dal 1999, nel periodo in cui iniziava ad essere criticato e perseguitato da tutti, ma non riusciva a fare la sua conoscenza, come per gli altri campioni del passato.
Lo Studio di Bologna e il Surrealismo Fantastico. Negli anni Sessanta Tonino apre lo Studio di Bologna in Via Belfiore, 4 – dove inizia una nuova fase più attiva e intensa della sua attività artistica. Lo studio diventò ben presto un salotto frequentato da persone di cultura e da tipi di ogni genere. Bologna era una città cosmopolita, la sua Università attirava studenti e artisti che allestivano mostre, provenienti da tutto il mondo. E’ a Bologna che avviene la trasformazione più innovativa nell’arte di Tonino, è in questo ambiente, dove la sua fantasia si ritrova e si manifesta in una forma inaspettata e imprevedibile e comincia a vincere diversi premi alle manifestazioni artistiche a cui partecipa. Nel suo studio di Bologna, ogni mercoledì sera, si svolgevano incontri con artisti, critici, amici, giornalisti, fotografi e si discuteva di ogni argomento dello scibile umano. A Bologna, incontra il fotografo, Aldo Pennazzi, dirigente alla Sip, e manager di artisti, per i quali organizzava mostre, fotografava i quadri e studiava il catalogo, per tanti pittori, italiani, stranieri, e anche per le mostre di Tonino. Pennazzi, incontrava personalità artistiche che praticavano ogni forma di arte figurativa, informale, naive, surreale…, fra questi, c’era anche il pittore brasiliano Waldomiro De Deus, al quale aveva organizzato alcune mostre in Italia.
Nei primi anni Sessanta, la pittura di Tonino Dal Re, subisce una trasformazione radicale. Non è azzerata la figurazione, ma è ambientata in paesaggi surreali, determinati dal suo stato d’animo: è l’inizio del Surrealismo fantastico. All’epoca in cui Tonino aveva lo studio a Bologna, ci fu anche lo sbarco dell’uomo sulla luna, e in quel periodo, anche lì, si faceva sentire la contestazione studentesca e c’era la moda dell’arte informale o dell’artista attivista politico, a cui Tonino restava indifferente, come osserva Renzo Margonari in Pennelli Corsari, non ha voluto omologarsi alla tradizione culturale, andando controcorrente e appartenere a modo suo al filone visionario, in Italia non l’ha favorito presso la critica. Gli avvenimenti storici e culturali più importanti, del periodo bolognese, sono descritti con molta precisione nel libro dedicato a Tonino, dall’amico e critico Lino Cavallari, dal titolo Pennelli Corsari, imitando gli scritti di Pasolini. Fu un periodo molto intenso; la sua vita si divideva fra il ristorante di Imola e lo studio di Bologna. Nel suo studio, ospiterà anche un artista surrealista slavo, Mika Mikajlovic che a sua volta, organizzerà una mostra per Tonino a Novi Sad. Farà anche una mostra a Belgrado, dove sarà premiato. L’arte surrealista, nell’ex Jugoslavia, era accettata dal regime, ma gli artisti surrealisti preferivano lasciare il paese, Dado, ad esempio, si trasferì a Parigi, Mikajlovic, invece, non si è saputo dove sia andato a finire.
Soggiorno africano. Nel 1972, Tonino Dal Re, si trasferisce per tre mesi, in Etiopia ad Asmara, alla corte di Hailè Selassiè per eseguire il ritratto del Re e della sua corte; i paesaggi e i momenti di vita quotidiana contribuiranno solo ad arricchire i suoi orizzonti fantastici. Come ricompensa, il Re donò a Tonino del terreno sul lago Tana, che fu nazionalizzato a seguito della rivoluzione e il Re fu deposto e ucciso, l’Africa di Tonino, servirà solo a variare i temi dei quadri con nuove immagini e toni di colore.
Nel 1976, vince il primo premio di arte sacra a Pompei, poi seguiranno ancora molti altri premi e riconoscimenti in Italia e all’estero. Sarà premiato anche a Belgrado e a Parigi.
Lo studio di Imola. Nel 1978, lascia lo studio di Bologna, si trasferisce ad Imola dove allestisce un nuovo studio, e prosegue la sua attività caratterizzata da diverse fasi del Surrealismo e dal Fantastico Visionario.
Solo con la visita allo studio dell’artista rimasto ad Imola, si può capire la grandezza e la differenza fra l’arte di Tonino e quella di altri artisti romagnoli della seconda metà del Novecento. Con Tonino Dal Re, non si è visto mai, un altro evento artistico simile, in Romagna e forse in Italia.
Un figlio di Tonino, Franco, tenne l’archivio delle opere, ed ora si possono vedere sul sito www.toninoefrancodalre.it ordinate per categoria e fotografia relativa.
Si termina questo breve ritratto di Tonino con due pensieri di Cicerone. 1. “Non si può pensare nulla di così assurdo, strano, mostruoso che non si possa sognare” ; 2. “L’amicizia è l’unica cosa per la quale conviene vivere”
Bibliografia: “Sulle orme di mio padre”; “Pennelli Corsari”
Immagini: 1. Ciclisti – 2. La rosa azzurra – 3. Angolo dello studio.
[…] Tra Cervia e Savio, lungo la Statale Adriatica che porta a Ravenna, c’è la Casa delle Aie, costruita nel 1790 su progetto dell’architetto Camillo Morigia rifacendosi al modello dell’originaria « domus rustica » romana, col caratteristico porticato su di un lato. Adesso, dopo il restauro, è utilizzata come sede di iniziative culturali e come ristorante tipico romagnolo. […]
MOLTI ANNI FA HO CONOSCIUTO IL PITTORE TONINO DAL RE QUANDO AVEVA LO STUDIO NELLA CAMPAGNA IMOLESE, ACQUISTANDO DA LUI DUE SUE OPERE SU TELA VERAMENTE BELLE, CHE CONSERVO NELLA MIA CASA DI IMOLA. RICORDO LA SUA GRANDE AMICIZIA E GENEROSITà DI VERO SIGNORE E ARTISTA, CHE HO SEMPRE APPREZZATO. CONTE DOTT. DOMENICO SANGIORGI CELLINI