Da Cimabue a Morandi, la mostra sotto i portici
A Bologna, dal 14 febbraio al 17 maggio 2015, con proroga fino al 30 agosto, si svolge un’interessante mostra sull’arte locale, con una selezione fra cento artisti che in sette secoli lasciarono le loro opere in città, da Cimabue, fino a Morandi, nella prima metà del Novecento. La mostra, è presente a Palazzo Fava. In Italia e nel mondo, tutti conoscono Bologna per la sua importante Università, che è fra le più antiche d’Italia e che attira studenti da ogni parte del mondo, oppure, altri frequentano le numerose fiere internazionali del suo quartiere fieristico, altri ancora, gli uffici della città capoluogo di Regione. E l’arte? L’arte è meno valorizzata dei tortellini, anche se in questa città, ci sono i più grandi collezionisti d’Italia. L’arte, a Bologna, in ambito pubblico, non ha la priorità di altri settori, è lasciata in disparte, anche se ci sono molti stranieri che visitano le basiliche, i monumenti e i musei che in questa regione sono ben conservati, anche se non in tutte le città.
Le opere d’arte più viste, da tutti i visitatori di Bologna, sono i portici, che dal Medioevo in poi, sono stati costruiti in tutte le epoche e con stili diversi. Ogni strada, dentro il perimetro dei viali di circonvallazione, ha il portico, e in caso di pioggia e si possono visitare il centro storico, i monumenti e le mostre, anche senza l’ombrello. Il portico, è una caratteristica unica al mondo, della città di Bologna, che coincide con lo sviluppo della sua Università, in pieno Medioevo e dal 1288, tutte le case devono essere costruite col portico, per esigenze di spazio, a causa dell’aumento della popolazione studentesca e degli insegnanti che affollavano la sua Università. Le strade dentro il perimetro dei viali, sono dotare di 48 km di portici, il portico più lungo è di circa 4 chilometri e collega la città al Santuario di San Luca. (Foto del dipinto di Luigi Bertelli “Verso San Luca” – 1895)
A Bologna, in Via Manzoni, 2, negli interni del Palazzo Fava, è stata allestita l’esposizione più criticata degli ultimi tempi: “Da Cimabue a Morandi”, in memoria di Roberto Longhi, un docente universitario, che ha lasciato un segno distintivo in questa città e nella formazione di molti studenti, per l’apprezzamento del patrimonio artistico locale e nazionale. Il titolo della mostra, è anche quello di una raccolta di saggi sulla pittura italiana scritti da Roberto Longhi, che nel 1934, vince un concorso per la cattedra di storia dell’Arte all’Università di Bologna e tiene i suoi corsi universitari sulla pittura antica locale e regionale, e in questa città, conosce anche Giorgio Morandi, il pittore bolognese più noto del primo Novecento.
Longhi, era nato ad Alba, nel 1890, da genitori emiliani, entrambi insegnanti ma provenienti da Concordia sulla Secchia, in provincia di Modena. Roberto Longhi, si laurea in lettere all’Università di Torino, con la tesi sul Caravaggio, in seguito, collabora con “La Voce” di Prezzolini per le prime recensioni e nel 1912, gli pubblica il primo saggio sul Rinascimento fantastico. Si perfeziona in storia dell’Arte alla scuola romana di Adolfo Venturi, poi inizia una vasta collaborazione con la sua rivista “L’arte”, e inizia un approfondimento sulla storia della pittura italiana. Nel 1914, esce il suo primo libro, Scultura futurista Boccioni, per la casa editrice della “Voce”. Nel 1916, finisce la traduzione delle opere di Berenson “The Italian Painters of the Renaissance” (I pittori italiani del Rinascimento).
Dal 1922 al 1934, Roberto Longhi, si trasferisce a Roma, e dal 1922-23 vi svolge libera docenza all’Università di Roma e nel 1922, si sposa con Anna Banti. Nel 1927, pubblica un libro sulla pittura di Piero della Francesca e nel 1934, Officina Ferrarese. Nel 1943, è sospeso dall’insegnamento, rifiuta di prestare servizio sotto la Repubblica Sociale Italiana e nel 1949 è chiamato alla facoltà di Firenze, dove resta fino ai limiti d’età. Organizza diverse mostre: nel 1922, una vastissima esposizione sul Seicento a Palazzo Pitti, nel 1948, una mostra a Bologna sul Crespi e nel 1951 la gran mostra sul Caravaggio e i caravaggeschi, al palazzo Reale di Milano; nel 1953, sempre a Milano, organizza la mostra sui realisti lombardi. Nel 1958, la sua terza grande mostra milanese: “Dai Visconti agli Sforza”. Nel 1966, presiede alla mostra postuma su Giorgio Morandi.
L’attuale mostra di Bologna, è stata accompagnata da infinite polemiche, perché è stata organizzata dal critico italiano più noto e trasgressivo, Vittorio Sgarbi e molti professori universitari e altri studiosi, circa 200, hanno cercato di impedire lo svolgimento della mostra, raccogliendo le firme da inviare al ministro della cultura, con pretesti che non hanno nessun fondamento reale, ma forse solo accecati dall’invidia, che ad organizzare la mostra è il noto critico: «priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili, all’intelligenza del pubblico; alla memoria di Longhi e Arcangeli – e naturalmente un attacco ai musei, con la colpevole connivenza di chi li dirige». Questi signori, non volevano che si spostassero le opere dai musei di Bologna e d’Italia, per l’allestimento della mostra, ma lo spostamento delle opere d’arte, avviene per ogni mostra organizzata sia in Italia, sia all’estero, e non solo per quelle organizzate a Bologna, e questo spostamento di opere, si dovrebbe impedire anche per le altre mostre, ma a quanto pare, nella realtà dei fatti, questo non avviene. Non esistono leggi che impediscono i prestiti delle opere d’arte ai fini culturali fra un museo e l’altro, anche se in molti sono contrari allo spostamento delle opere, che avvengono anche in paesi stranieri. Il critico, ha definito questi professori “oche” e “scimmie”, ma alla fine, ha organizzato ugualmente la sua mostra, che è riuscita nell’intento di far conoscere il patrimonio artistico della pittura bolognese ad un vasto pubblico che non sarebbe andato nei singoli musei a vedere le opere, che sono state valorizzate ancor di più con questa mostra, dove si sono potute vedere anche opere provenienti da collezioni private che generalmente il pubblico non riesce a vedere.
A Palazzo Fava, i cui interni furono affrescati dai Carracci all’inizio della loro carriera pittorica, fra il 1580-1590, sono esposte opere di 100 pittori e scultori, i più importanti di Bologna, e altri, anche stranieri, che vi hanno lasciato delle opere. In mostra, si possono ammirare opere di Cimabue, Giotto, Niccolò dell’Arca Ercole de’ Roberti, Raffaello, Parmigianino, Guercino, Guido Reni, Guido Cagnacci, Francesco Hayez, il Domenichino, i Carracci, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani…Solo per citare i nomi più noti, e per la prima volta sono esposte molte altre opere meno note, che fanno parte anche della collezione del noto critico. Questa mostra, ci permette una lettura più facile della storia dell’arte bolognese. Il catalogo della mostra, sarà un manuale di storia dell’arte che potrà servire a molti studenti e appassionati di arte. Che cosa hanno in comune, Sgarbi e Longhi, certamente, la passione e la conoscenza del patrimonio artistico locale e nazionale, ma in questo caso, l’allievo è riuscito a superare brillantemente il maestro.