Genitori e figli, trent’anni dopo
Dagli anni ’80 ad oggi, nonostante il mondo sia un posto radicalmente diverso, qualcosa rimane sempre costante: lo scontro generazionale tra genitori e figli. Quando si riflette sul rapporto, talvolta travagliato, tra genitori e figli, spesso torna alla mente la frase che i primi, nell’immaginario comune, ripetono costantemente ai loro ragazzi: “Ai miei tempi…”. Tuttavia, la maggior parte delle differenze tra i giovani d’oggi e quelli della scorsa generazione non sono così radicali come si suppone. Nonostante il mondo degli anni ’80 presentasse circostanze per certi versi opposte a quelle odierne, il comportamento della generazione successiva ha sempre trovato attriti o preoccupazioni da parte della precedente, che talvolta, oggi come ieri, ha tentato di proporre il proprio esempio anche laddove le situazioni erano oramai incontrovertibilmente mutate.
Si pensi, per esempio, alla preoccupazione, forse oggi maggiore che soli trent’anni fa, per lo scottante problema della disoccupazione giovanile. Nonostante le modalità possano essere mutate, anche oggi si nota che i giovani tendono a privilegiare le scelte più creative, seppure più incoscienti. Il fenomeno delle Startup, come si definiscono le imprese indipendenti in cerca di investitori, nell’era delle telecomunicazioni e dell’anglofonia, affonda le sue radici pressappoco nei difficili anni ’80. Non solo oggi, infatti, il mercato del lavoro è particolarmente ostile: già nel 1986, il professor Augusto Cavadi scrive a proposito di tale questione, sottolineando la sua ansietà nel constatare che «Nei prossimi vent’anni la disoccupazione rimarrà uno dei più gravi problemi del mondo»(1). Purtroppo, la sua speranza che entro il 2000 avremmo creato il miliardo di posti di lavoro necessari alla gioventù mondiale è rimasta una preghiera inascoltata. Al tempo stesso, però, va registrata una sempre crescente risposta della gioventù alle preoccupazioni dei loro genitori con scelte talvolta drastiche.
Si parla, ovviamente, anche del fenomeno dell’esodo giovanile: sempre più neolaureati decidono di “cercare fortuna” in altri paesi (ben 82.000 nel solo 2013(2)), spesso dovendo scontrarsi col parere opposto dei genitori, a loro avviso sempre fedeli alle proprie radici: anche questi, tuttavia, dispiegavano sempre più spesso (e sempre più in fretta) le loro “ali” per esplorare il mondo al di fuori del loro nido, pur rischiando, più o meno consapevolmente, di precipitare: dunque torna ad essere vero, pur risalendo a più di trent’anni fa, il messaggio di Sergio Giordani: «È l’eterna lotta tra chi vuole far valere il bagaglio della propria esperienza e chi vuole camminare da solo, a costo di cadere o scivolare lungo il percorso»(3).
Un ultimo aspetto di cui vorrei parlare è un’obiezione spesso sollevata dai critici di una tesi “fissista” del rapporto genitori-figli: l’aspetto più ideologico, fors’anche più politico di tale contrasto. Si racconta di giovani fuggiti dalle braccia della famiglia, ferventemente cattolica, perché rapiti dal canto delle “diaboliche sirene” del comunismo o di chissà quali altre corbellerie. Indubbiamente, a nessuno sfugge che queste scene, a come ci sono giunte (opportunamente corrette da media o da genitori che volevano, giustamente, evitare il ripetersi degli stessi contrasti che avevano avuto loro con le loro famiglie) appartengono ad un’epoca lontana, non paragonabile a quella di oggi. Il mondo non è più sull’orlo della Terza Guerra Mondiale e, salvo qualche “scaramuccia” tra NATO e Russia, ancora memori dello “scontro apocalittico” tra U.S.A. e U.R.S.S., la Guerra Fredda è una triste parentesi ormai chiusa. Eppure, i problemi di oggi emergono con rinnovata forza e spesso dividono i pareri di figli e genitori: lo abbiamo visto nel referendum scozzese, dove a votare YES sono stati soprattutto i giovani, novelli Braveheart, ma lo vediamo tuttora anche in Italia, dove i giovani dimostrano sempre più spesso di avere idee “originali” (anche se spesso radicali, tanto da richiamare alla mente dei loro genitori ricordi assai spiacevoli) in materia di immigrazione, di politica estera o di lotta al terrorismo. Le sirene di cui si è scritto sopra non si sono ancora calmate; anzi, basta tendere l’orecchio e se ne percepirà distintamente l’orientamento radicale: non più solo il comunismo, uscito notevolmente indebolito dal cambiamento dell’assetto geopolitico globale, ma anche euroscetticismo, nazionalismo, persino i fantasmi del neofascismo e del neonazismo minacciano la stabilità del mondo come lo conosciamo oggi, chiamando a sé le fasce più vulnerabili della popolazione, ovvero i giovani.
Ciò che è cambiato nel mondo, non deve, dunque, cambiare la costante fondamentale del rapporto tra le generazioni successive e quelle precedenti: la discussione, il confronto, se si vuole anche lo scontro, finché se ne può trarre un insegnamento da entrambe le parti: affinché i genitori possano continuare a proteggere i loro figli, pur lasciando loro possibilità di crescere e di fare esperienze; affinché i figli, acquisite tali esperienze e compiuti gli inevitabili errori di percorso, possano finalmente comprendere le ragioni dei loro padri e delle loro madri; affinché i giovani di tutto il mondo, tra trent’anni, possano dare ai loro figli la stessa protezione e lo stesso buon senso che i loro genitori hanno offerto loro.
(1) Nuova Secondaria, n.5, 1986
(2) Rapporto ISTAT 2013
(3) Dimensioni Nuove, 1983