ROMAGNA, la regione che non c’è

Regione Romagna - adesivo diametro 10 cmL’Italia, è divisa in venti regioni create dopo la nascita della Repubblica. Alla Romagna non è stata concessa la regione, ma è stata annessa all’Emilia a causa del vecchio partito comunista, e non ha avuto lo stesso sviluppo dell’Emilia. La Romagna è come il Meridione d’Italia ed è giusto che sia riconosciuta regione autonoma dallo Stato Italiano. Il compito dei comunisti era quello di sottomettere i popoli alla dittatura del proletariato con opere di propaganda nelle nazioni su mandato dell’Unione Sovietica. Hanno iniziato con la sottomissione dalla Romagna.

I tempi sono cambiati il comunismo è fallito, i romagnoli, sono stati “derubati” della Regione con annessione forzosa all’Emilia ed è ora di pensare alla loro autonomia e sviluppo. Vedo le cose con l’occhio del viaggiatore, ed è possibile che il mio punto di vista, non è condiviso, ma le cose stanno così. Nel 1963, il Molise ha ottenuto la Regione solo con trecentomila abitanti, invece del milione richiesti dalla Costituzione italiana, per fare una Regione. Il romagnolo vale meno del molisano, che non ha diritto alla Regione?  Il romagnolo deve essere privato dei Diritti Costituzionali? Perché.

In modo superficiale, si può asserire che il molisano “lavora di testa” e il romagnolo di “braccia”. Cerco di spiegare. In Molise, c’era poco lavoro e la gente, invece di lavorare, aveva studiato. La necessità aguzza, l’ingegno, e nel Meridione dell’Italia, c’è tanta gente colta e con la laurea. In Romagna, fino a poco tempo fa, non esisteva l’università e il romagnolo, preferiva andare a lavorare, piuttosto che spostarsi per andare a studiare. Il romagnolo è un gran lavoratore, ma è ignorante, ed è stato privato dei suoi diritti, e quindi penalizzato. In tutte le città dell’Emilia, ci sono sempre state le università, mentre nelle città della Romagna, solo da dieci anni, sono state aperte succursali dell’università di Bologna.

Dal 1990, dopo la caduta del muro di Berlino, a Forlì c’è il Movimento per l’Autonomia della Romagna, che chiede la regione separata dall’Emilia. Hanno capito come stanno le cose. A Ravenna, c’è un museo con lo stesso nome. Ho riflettuto molto e mi sono documentato su questa vicenda, e ritengo che tale richiesta sia ampiamente fondata e legittima. Questo territorio è stato utilizzato dall’Emilia rossa per imporre il comunismo in questa zona, e con l’ambizione di estenderlo all’Italia intera. Durante il periodo elettorale, ci sono forze politiche che sostengono la causa della Romagna Regione, ma solo per finta, perchè interessano solo i voti. Per la Romagna, mi auguro che non sia un altro sfruttamento dei desideri a causa della furberia politica. 

Come deve essere, come si sogna questa Regione. Per costruire la casa, o l’impresa, ci vuole un progetto. Non basta dire “vogliamo fare una nuova regione”, ma come. I motivi e le vicende storiche, perché la Romagna non è stata riconosciuta Regione dallo Stato Italiano, sono scuse e pretesti senza alcun fondamento. A mio parere, si tratti solo di una discriminazione e un’ingiustizia. Un imbroglio da parte di soggetti più furbi. Non intendo scrivere la storia della Romagna, perché non è il mio compito, ma capire questo territorio. Ogni Provincia della Romagna, ha caratteristiche diverse, e nessuna ha avuto lo stesso sviluppo che c’è stato nelle province dell’Emilia.

La Romagna, è il meridione dell’Emilia, qui s’impongono solo divieti e ordinanze che non sono altro che privazioni di libertà per i suoi abitanti. Le città della Romagna sono ancora governate dai discendenti dei comunisti che hanno le stesse idee.

I finanziamenti per la gestione delle due regioni, sono gestiti dall’Emilia che pensa al benessere del suo territorio. I romagnoli sono stati costretti a diventare emiliani ma esclusi dai benefici e privilegi degli emiliani. La Romagna l’hanno ritenuta indegna, o è stata una punizione per aver dato Mussolini all’Italia?  Nelle scuole, Mussolini, è presentato come soggetto negativo, come il male assoluto.  Il 2 giugno 1946, in Italia, ci fu un referendum per scegliere fra Monarchia o Repubblica. I partiti di sinistra, erano a favore della Repubblica.  Corre voce di brogli elettorali per far vincere a tutti i costi, la Repubblica e mandare via il Re. E’ un peccato, perché dove ci sono le monarchie, mi pare che la gente stia meglio. La Repubblica, si è poi dotata di una Costituzione applicata solo in parte; per alcuni soggetti i diritti costituzionali non esistono.

La Repubblica, non ha portato fortuna alla Romagna sottomessa all’Emilia e poi dimenticata.

In sessanta anni di Repubblica, non è mai stata costruita una strada o una fabbrica. Qui si aprono solo supermercati per far spendere soldi a chi ha un reddito; i prezzi sono più alti che in Emilia, mentre in Romagna gli stipendi sono inferiori del 30%. Le strade in Romagna, sono rotte e pericolose come la Romea, l’E 45, la Ravegnana.  L’Emilia è stata dotata di tutti i servizi, si costruiscono continuamente strade e strutture varie, fabbriche ovunque, lungo il Reno e Appennini, mentre in Romagna, niente e i si devono arrangiare da soli e quindi, la richiesta di una nuova Regione è più che fondata e legittima, ma è scomoda per il partito comunista che ha fatto dell’Emilia Romagna un importante centro di potere e i romagnoli sono utili solo, quando si va a votare. Ho percorso tutte le strade della Romagna e dell’Emilia, e ho percepito la differenza tra le due Regioni, non ci vuole molto a capire che la Romagna è una regione più povera dell’Emilia, e chi viaggia, vede.

Gli emiliani, con i redditi più alti, sono più ricchi dei romagnoli. In Emilia si sono sviluppate moderne città industriali. Da noi, c’è un poco d’industria vecchia a Ravenna che risale agli anni cinquanta sessanta.  A Rimini, col turismo, si sono arrangiati da soli, con la fiducia e le cambiali, ma lavorano solo tre mesi l’anno, ed è un lavoro precario.  Il popolo emiliano è attivo e laborioso, non ho nulla contro di loro e sono anche simpatici. Al mare, ho conosciuto tante famiglie emiliane ed ho avuto una buona impressione. Consiglio anche agli emiliani di cambiare, senza l’amministrazione di sinistra, farebbero molto più progresso. E’ meglio cambiare gli amministratori per poter fare un confronto e scegliere quelli migliori.

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Hesse, diario di viaggio 1901, Ravenna

Martedì, 30 aprile 1901

Pioggia. Ho reso la prima visita all’antichissimo Battistero: i mosaici della sua cupola sono la prima importante testimonianza d’arte paleocristiana che vedo. Il Battistero, con questi mosaici, mi fa un’impressione enorme, indimenticabile. Il Duomo è nuovo, chiaro e sobrio;  buono l’antico campanile. Nel palazzo arcivescovile ho visitato la deliziosa cappellina, con meravigliosi mosaici. Piove, la città mi si mostra nel suo aspetto meno ospitale, inoltre ho un terribile raffreddore; eppure questi mosaici mi procurano un piacere indicibile, e sono molto contento di essere venuto a Ravenna.

Incantevole il giardino dell’Accademia, con alloro, abeti e prato; come alcune piazzette con vecchi edifici grigi e cantucci romantici.  

Nel convento di Classe, usato come museo, molto interessanti i reperti romani ed etruschi; poi una serie d’oggetti intagliati, in avorio, alcuni bei sigilli e resti dell’armatura di Teodorico, interessanti da un punto di vista ornamentale.

Poi San Francesco, col sepolcro di Dante! Ho visitato in pratica tutta la città.

Magnifico San Vitale, con ricchi mosaici; il coro, che n’è completamente coperto, fa un’impressione ricchissima e accecante, ma al tempo stesso grave. La chiesa sembra pericolante; dentro c’è anche acqua.

 Accanto c’è la cappella di Galla Placidia, i cui mosaici sono, se possibile, ancora più ricchi, in particolare il bel mosaico dorato su sfondo blu. L’effetto singolarissimo di questi mosaici è dato in primo luogo dal contrasto tra lo stile arcaico, millenario, e lo splendore dei colori, pieno, ricco, nuovo, così da dare un’impressione d’indistruttibilità ed eternità.

    

Prima di mezzogiorno, ho visitato Sant’Apollinare Nuovo, dove le due grandi pareti della navata centrale sono coperte di mosaici su sfondo d’oro: una meraviglia!  In Sant’Apollinare anche una cappellina con ritratto musivo di Giustiniano e bella sedia vescovile antica, in marmo.

Vicino, il Palazzo di Teodorico.

A mezzogiorno, forte temporale. Dopo mangiato, essendo spuntato ad un tratto il sole, sono andato a passeggio, per far asciugare i miei vestiti bagnati. Ho cercato un’altra volta San Vitale e ho lasciato che i mosaici facessero il loro effetto. Il conto dell’hotel si è rivelato clemente, contro ogni attesa. (Hotel Spada d’Oro. Non caro, ma nemmeno buono)

Nonostante il tempo avverso e le mie precarie condizioni di salute, conservo di Ravenna una grande, importante impressione. La città in sé è tacita, vecchia, interessante sotto molti punti di vista, per quanto ridotta e impoverita.

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“Ravenna”, poesia di Hermann Hesse del 1901

I

Sono stato anche a Ravenna.
E’ una piccola città morta,
ricca di chiese e di rovine,
di cui notizia più d’un libro porta.

 Tu l’attraversi e poi ti guardi intorno,
le sue strade sono torbide e bagnate
e sono da un millennio mute
e dappertutto trovi erba e muschio.

E’ come per le canzoni un po’ passate:
nessuno ride dopo averle ascoltate;
ma poi tutti le voglion riascoltare;
e sino a tarda notte meditare.

 II

Le donne di Ravenna portano
negli occhi profondi e nei teneri gesti
in sé una coscienza dei giorni
dell’antica città e delle sue feste.

Le donne di Ravenna piangono
profonde e sommesse, come bambini quieti.
E quando ridono, pare di sentire
di un testo cupo la chiara melodia.

 Le donne di Ravenna pregano
come bambini:  miti e appagate.
Parole d’amore posson dire:
e loro stesse non sanno di mentire.

                                                                            Le donne di Ravenna baciano
                                                                                 con strana e profonda dedizione.
                                                                              E loro della vita altro non sanno
                                                                          se non che tutti dobbiamo morire.

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