Nello scritto precedente, ho tracciato in sintesi, un breve ritratto di Artemisia Gentileschi, la pittrice vissuta in Italia, nella prima metà del Seicento ai tempi di Caravaggio e sua degna erede.
Nel Palazzo Reale di Milano, c’è stata la seconda mostra che documenta l’attività autonoma di questa grande artista e ho visitato la mostra a gennaio 2012. Nel secolo scorso, nello stesso edificio, è stata allestita la mostra di Caravaggio, curata da Roberto Longhi. Artemisia, è una donna complessa di cui è difficile fare paragoni con altre personalità della storia. Di lei, non si scrive mai abbastanza, e chi è interessato ad approfondire la sua storia, può andarsi a leggere la biografia scritta dalla studiosa francese Alexandra Lapierre e c’è ancora tanto da scoprire.
Artemisia Gentileschi, è stata anche una grande madre per le due figlie sopravvissute, si è rovinata economicamente per procurare loro una dote, quando si sono sposate, a Napoli, dove ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita dal 1640 al 1654 e qui ha aperto anche una scuola d’arte con diversi aiuti. Le figlie, sono diventate pittrici, ma non sono riuscite ad eguagliare la fama della madre. Nel matrimonio, non ha avuto fortuna, dalla nascita di quattro figli, è sopravvissuta solo Prudenzia, poi è nata una figlia da un’altra relazione. Lo studioso Roberto Longhi, ai suoi tempi, definì Artemisia “l’unica donna in Italia che abbia mai saputo cosa sia la pittura”. Nel 1916 pubblicò “Gentileschi padre e figlia”. […]
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